Un pizzico di storia – Dune

Non sono certo del motivo, ma un giorno di Dicembre ho deciso che avrei dovuto finire Dune. Dune il videogioco, non il libro di Frank Herbert con i suoi contorti ed infiniti seguiti, non il disturbante film di David Lynch dove Sting fa il cattivo —da non confondersi con quello in cui David Bowie fa il cattivo.

Dune ieri

Le dune su Dune

Siamo nel 1992 ed i videogiochi sono ormai ben oltre la fase arcade: ci sono in giro Monkey Island ed un gran numero di avventure grafiche, simulatori per terra e per aria, intere serie di Ultima, numerosi rpg. Quello che non si è ancora visto è un gioco strategico in tempo reale.

Una sera (via sneakernet) mi arrivano tre floppy etichettati frettolosamente a matita —che odio quando qualcuno usava pennarelli!— accompagnati da un plico fotocopiato, ed intitolati “Dune”.

Sapevo dell’esistenza del libro, era da qualche parte nella libreria in corridoio, quella con i vetri fragili da cui dovevo stare lontano, e l’associazione “videogioco + grosso tomo scritto piccolo“ aveva creato la necessità di giocare a Dune, qualsiasi cosa fosse, al più presto possibile.

Il PC in casa al tempo, ahime, aveva solo un drive da 5¼! Così ero spesso costretto ad aspettare il giorno successivo, agguantare il compagno di scuola PC-munito più impressionabile, e convincerlo che i dischetti nelle mie mani fossero il Migliore Modo™ per spendere il pomeriggio.

Abbiamo perso un altro harvester!

E che pomeriggio! E che tardo pomeriggio, e sera, dopo l’immancabile telefonata a casa per avvisare degli impegni improrogabili che mi costringevano a restare attaccato allo schermo ancora un paio d’ore.

Dune era qualcosa di mai visto: una specie di avventura grafica, dove potevi volare di luogo in luogo e parlare con strani personaggi. Poi di colpo, avevi “spezia” (?!) da raccogliere, poi zone da esplorare, poi soldati! E pian piano scoprivi i cento modi di morire, nel deserto, nelle grotte, nelle fortezze nemiche —l’omino grassissimo ci stà attaccando!

L'omino grassissimo, aka Barone Harkonnen

Ma per due, tre, anche quattro dodicenni appiccicati allo schermo, questo gioco non era facile. C’erano da tenere sotto controllo la produzione di spezia, accontentare le sempre più pressanti richieste dell’imperatore Shaddam (ah! un anno dopo la guerra nel Golfo, eravamo tutti certi che fosse il cattivo), spostare truppe e intanto parlare con decine di personaggi. I sabotatori ed i gruppi di fremen che non andavano d’accordo ci facevano impazzire.

Dopo più e più fallimenti, partenze da zero, sofferti pomeriggi, ancora non avevamo ottenuto significative vittorie, e la fine del gioco era chiaramente lontana, forse fuori dalla nostra portata. Altri giochi —forse Day of the Tentacle? od era già arrivato Doom?— arrivarono a distrarci, più facili da gestire, e magari persino finire senza l’infinito sudore che caratterizzava i deserti di Dune.

Dune oggi

Yup, tutte per te.

Non ho mai più ripreso in mano Dune, i tre floppy quasi dimenticati nelle profondità di un armadio, fino ad un sabato pomeriggio quando fuori infuriava l’uragano Bawbag.

E che pomeriggio! E che tardo pomeriggio, e sera, mentre giostro con attenzione una trentina di piccoli fremen sulla mappa del pianeta. Ed i villaggi, l’ecologia, le fortezze conquistate ed… Oh my God!… Atomics…!?

L’allenamento con i tanti RTS apparsi negli anni è chiaramente servito a qualcosa, e piallo fortezze senza troppa difficoltà. Sia chiaro, non è facile, ma tenendo d’occhio tutto quello che va tenuto sotto controllo si può avanzare con facilità, accontentare l’imperatore, respingere gli attacchi degli Harkonnen. Ed all’alba del 100° giorno nel gioco, diciotto anni dopo aver messo piede su Dune la prima volta, i miei diecimila fremen armati di atomiche conquistano epicamente il palazzo ad Arrakeen.

Tramonto con Ornitopteri, Claude Monet

Dissolvenza, titoli di coda. Cosa rimane?

Rimane un gran gioco, uno strano miscuglio fra un’avventura grafica, un rpg ed uno strategico; oppure uno strategico che ti introduce nella storia in prima persona (invece che via tette), che ti chiede di convincere le singole truppe, spiegando a loro, e a te stesso, perché si combatte. Ed ancora devi gestire morale e carisma, la spezia che rapidamente finisce, la tipa che si mette nei guai e tua madre che ha i pensieri strani.

Dune resta un ottimo gioco dopo tanti anni, con quel pizzico di simulazione in più che ne’ Westwood ne’ Blizzard, nel loro spingere l’evoluzione degli RTS, hanno portato avanti. La parte strategica è poi forse la meno interessante, in Dune, rispetto all’esplorazione ed interazione con i personaggi di questo complesso mondo.

Vorrei altri giochi di questo genere, possibilmente con una migliore schermata alla fine però.

Kwaaaaaaak! —The End!

dreadnaut

Dreadnaut è un anziano signore che si lamenta dei giovani sugli autobus —insomma, è una vergogna— ed osserva il mondo che passa. Scrive di tanto in tanto su R'Lieh, ma è di casa altrove.

3 pensieri su “Un pizzico di storia – Dune

  1. Già già! Gran bel gioco e soprattutto terribilmente innovativo e particolare.. la parte RTS come dici tu era veramente minima, era più che altro un girare in giro a parlare, convincere gente e soprattutto ambientarti tu stesso nell'ambiente inospitale di Dune, scoprendo una cosa alla volta: le tute dei Fremen, la spezia, le Bene Gesserit, il grande valore che gli autoctoni danno a qualcosa di semplice come l'acqua.. e mano a mano che ti immergevi in questo mondo, il bianco degli occhi del protagonista veniva via via più azzurro, come a riflettere una sempre maggiore appartenenza del protagonista a questo mondo.

    Lo giocai credo attorno ai 15 anni su amiga (mi pare tre dischetti).. lo giocai senza sosta 10 ore al giorno (mai capitato prima con nessun gioco!) finendolo non ricordo se in tre o cinque giorni, tutto di filato.. lo trovai entusiasmante, ma sinceramente un po' troppo FACILE… come facevi ad avere tutte quelle difficolta? 🙂 ..il più era trovare le prime pistole laser, senza di quelle non c'era possibilità di vincere uno scontro fosse uno! 😀

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