Una notizia di qualche giorno fa: disoccupato si inventa lavoro sfruttando il più grande problema italiano: la burocrazia.
Ora in genere si potrebbe pensare che il tizio in questione sia il classico scansafatiche che cerca di arrangiarsi facendo qualcosa che gli altri non possono/vogliono fare, come potrebbero essere alcune attività al limite dell’assurdo che mi vengono in mente:
- le prefiche, ovvero le lamentatrici che piangono ai funerali altrui a pagamento (tradizione antichissima)
- i testimoni falsi negli incidenti stradali
- i venditori di punti per la patente su ebay
- quelli che colorano i pesci nei mercati per farli sembrare più freschi (elettrotecnico delle aragoste)
Ma non è così per il nostro Giovanni Cafaro, che si mette in coda per 10 euro l’ora con regolare ricevuta.
Cinquecento curricula inviati.
Meno di dieci risposte. Meno di cinque colloqui. Zero speranze e mille promesse scritte nel vento. “Allora il lavoro me lo sono inventato. So l’inglese e ho una laurea ma non ci penso proprio ad andare all’estero. Sarebbe una sconfitta. Sarebbe come gettare la spugna. Il futuro è qui. Il mio futuro è qui”.
Questa trovata ha successo perchè in Italia non abbiamo più voglia e tempo di perdere ore per compilare un modulo cartaceo.
C’è chi invece poi cerca il successo in America, ma non ha abbastanza neuroni per farcela:
arrestati senza un perchè... io avrei scritto deficienti in america
invece del visto per lavoro, hanno preso quello turistico. «Ma in realtà il nostro era un tentativo — racconta Giorgia —, dovevamo fare una prova al ristorante, e vedere se andava. Comunque, appena siamo scesi all’aeroporto Kennedy di New York, ci hanno indirizzato verso la dogana e hanno iniziato a controllarci. Subito ci hanno detto che i nostri documenti non andavano bene: credo che li abbia insospettiti il fatto che alloggiassimo tutti da una persona, e non in albergo.
Un po’ come quei turisti inglesi che avevano scritto su Twitter che andavano a distruggere l’america e sono stati stranamente fermati in dogana…
Per finire questo post a tema lavorativo, come non citare la campagna di sensibilizzazione #cogioneNo di Collettivo Zero?